Secondo uno studio recentissimo, la vaginosi batterica dovrebbe essere considerata a tutti gli effetti una malattia a trasmissione sessuale.
Nonostante decenni di ricerca scientifica, le cause della vaginosi batterica non sono ancora del tutto chiare. Si sa molto bene che questa condizione è caratterizzata da una alterazione del microbiota vaginale, con una riduzione dei lattobacilli protettivi e un aumento di altri batteri come Gardnerella vaginalis, Atopobium vaginae, Prevotella, che normalmente sono componenti minoritari del microbiota. Ma perché questi batteri prendano il sopravvento resta ancora in parte un mistero, così come la causa delle (purtroppo frequentissime) recidive a cui le donne vanno incontro dopo un’apparente guarigione.
L’ipotesi che i batteri responsabili della vaginosi batterica vengano inizialmente trasmessi dal partner durante l’attività sessuale, e che dopo essere guarite le donne vengano poi reinfettate da un partner non trattato, non è nuova. Già negli anni ’50 alcuni ricercatori affermavano che “i mariti devono essere trattati simultaneamente se si vogliono prevenire le recidive per reinfezione”. Sappiamo che in assenza di rapporti sessuali la vaginosi batterica è molto rara, e che viceversa tra i suoi più importanti fattori di rischio figurano avere un nuovo partner e non utilizzare il preservativo. Sappiamo anche che i batteri responsabili di questa condizione sono in grado di colonizzare l’uretra maschile e la pelle del pene, e se una donna soffre di vaginosi batterica ritroviamo gli stessi ceppi nel suo partner (di norma in modo asintomatico).
Nonostante tutti questi indizi a favore della trasmissione sessuale, alcuni studi condotti negli anni ’80 e ’90 per valutare l’importanza del trattamento del partner maschile hanno dato risultati deludenti: solo uno ha riscontrato una riduzione degli episodi di vaginosi batterica rispetto al solo trattamento della donna. Di conseguenza la vaginosi batterica non è stata considerata una vera e propria malattia a trasmissione sessuale, e attualmente le linee guida non prevedono il trattamento del partner. Gli studi menzionati sono però di qualità discutibile, condotti su piccoli campioni di persone, in cui la diagnosi di vaginosi batterica veniva effettuata con metodi non standardizzati e spesso la terapia scelta non era quella ottimale.

Ora uno studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale New England Journal of Medicine aggiunge nuove e decisive prove all’idea che la vaginosi batterica sia essenzialmente una malattia a trasmissione sessuale. Lo studio, condotto in diversi centri medici in Australia, ha coinvolto circa 160 coppie eterosessuali e monogame in cui la donna era affetta da vaginosi batterica. In metà delle coppie è stata curata per la vaginosi batterica solo la donna. Nell’altra metà anche l’uomo, ma con una importante differenza rispetto agli studi precedenti: oltre all’assunzione per via orale dell’antibiotico metronidazolo, la terapia prevedeva infatti anche l’applicazione direttamente sul pene di una crema antibiotica a base di clindamicina.
Le coppie hanno effettuato la terapia per una settimana, e poi sono state seguite regolarmente per tre mesi per monitorare eventuali recidive. E la differenza è risultata impressionante: nel gruppo in cui era stato trattato anche il partner, le recidive di vaginosi batteriche sono state circa la metà! Una differenza così palese che lo studio è stato terminato in anticipo, sia perché lo scopo era stato raggiunto, sia perché alla luce dei risultati è sembrato poco etico continuare a trattare solo le donne.
Questo studio mostra in modo molto chiaro l’importanza della trasmissione sessuale nella vaginosi batterica, e rappresenta forse il primo passo affinché le linee guida sulla sua terapia cambino. Il Melbourne Sexual Health Centre, uno dei centri che hanno partecipato allo studio, ha già aggiornato i propri protocolli, che ora prevedono di routine il trattamento di entrambi i partner.
Naturalmente questo richiede che all’interno della coppia il partner prenda consapevolezza del suo ruolo e decida di condividere la responsabilità della cura: il che non è così scontato, considerando anche che nella stragrande maggioranza dei casi è un portatore sano, completamente asintomatico.
Vaginosi batterica, la trasmissione sessuale non è l’unico problema
Come abbiamo visto, la trasmissione sessuale gioca un ruolo importante nel causare recidive di vaginosi batterica; ma non è l’unico fattore, e lo dimostra il fatto che anche trattando il partner le recidive non si azzerano.
Anche escludendo la reinfezione da parte del partner, la terapia antibiotica della vaginosi batterica ha uno svantaggio importante: spesso non riesce a ripristinare un microbiota vaginale ottimale, che costituisce la difesa più efficace e naturale contro questa condizione. Le ricerche evidenziano che, dopo un trattamento con metronidazolo, sebbene la maggior parte delle pazienti risulti guarita, solo una piccola percentuale presenta una flora vaginale dominata da Lactobacillus crispatus, il batterio più protettivo per la salute femminile. E dunque il rischio di una ricaduta rimane elevato.
Per affrontare definitivamente la vaginosi batterica non è sufficiente eliminare i batteri patogeni, ma è altrettanto cruciale ripristinare la presenza di quelli benefici. La soluzione migliore è l’assunzione di un probiotico specifico contenente L. crispatus, in modo da favorire la colonizzazione di questo microrganismo essenziale per il benessere femminile. Gli studi dimostrano che, dopo un trattamento antibiotico per la vaginosi, l’uso di L. crispatus riduce in modo significativo il rischio di ricadute, offrendo una protezione duratura.
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